DMZ AGGIORNA N. 141 DEL 29 LUGLIO 2025

Le dimissioni di fatto richiedono almeno 15 giorni continuativi di assenza ingiustificata, fatta salva una previsione più lunga da parte di un CCNL, dedicata e specifica alla nuova fattispecie.

Non è possibile utilizzare i termini previsti dai CCNL per il licenziamento disciplinare a tali fini. È questo, in sintesi, il chiarimento fornito dal Ministero del Lavoro con una FAQ pubblicata on line.

Nel merito, i chiarimenti Ministeriali si basano sulle novità introdotte dalla legge, il cui ambito di applicazione è stato meglio definito nella Circolare emanata di recente.

Nuova fattispecie delle dimissioni di fatto:

Con l’introduzione del Collegato Lavoro, il legislatore ha previsto che l’assenza ingiustificata del lavoratore protratta per oltre 15 giorni possa essere considerata dimissione di fatto, configurando una fattispecie autonoma di risoluzione del rapporto di lavoro per comportamento concludente del lavoratore.

La norma, in particolare, stabilisce che: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore  (…)”.

A riguardo, la Circolare n. 6/2025 ha chiarito che le eventuali previsioni della contrattazione collettiva devono essere espressamente riferite a questa nuova fattispecie ed il termine eventualmente individuato per legittimare la risoluzione del rapporto per comportamento concludente non deve essere inferiore a quello individuato dalla legge (almeno 15 giorni).


Il motivo risiede nel fatto che l’elemento essenziale della risoluzione per fatti concludenti è rappresentato dal silenzio del lavoratore, che non deve aver fornito alcun motivo dell’assenza.

Infatti, a differenza del licenziamento per giusta causa, derivante da assenze brevi e non autorizzate, per il quale si applica la procedura dello Statuto dei lavoratori, la risoluzione per fatti concludenti non prevede alcuna forma di contraddittorio. Di conseguenza, è ragionevole la previsione di un termine più ampio, capace di fondare in maniera inequivocabile la volontà di recedere.

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