DMZ RICORDA N. 129 DEL 11 LUGLIO 2025

 

Capita spesso che vengano dismessi beni aziendali senza particolari formalità né facendo comunicazioni ad alcun soggetto amministrativo (o di altro genere).

Come più volte ricordato in precedenti DMZ Aggiorna, ci possono essere conseguenze negative per simile condotta, in quanto la distruzione volontaria dei beni aziendali (beni di magazzino o beni strumentali) da parte dell’imprenditore, deve essere adeguatamente dimostrata al fine di superare la presunzione di cessione: in mancanza di prove idonee a dimostrarne la distruzione, i beni acquistati, importati o prodotti,  non rinvenuti nei locali dell’impresa, si considerano infatti ceduti ai fini IVA. In tal caso l’imprenditore è tenuto ad adempiere ai relativi obblighi formali (ossia fatturazione, registrazione, liquidazione, versamento, eccetera).

Più nello specifico la procedura in esame, stabilisce che la distruzione dei beni aziendali – così come la loro trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico – deve essere provata assolvendo i seguenti adempimenti:

1) invio di apposita comunicazione scritta agli uffici dell’Amministrazione finanziaria e ai Comandi della Guardia di finanza competenti, almeno 5 giorni prima della distruzione, con l’indicazione:

    • della data, dell’ora e del luogo in cui verranno attuate le operazioni,
    • delle modalità di distruzione,
    • della natura, qualità e quantità dei beni,
    • dell’ammontare complessivo, calcolato sulla base del prezzo d’acquisto,
    • dell’eventuale valore residuale ottenibile dalla distruzione;

2) redazione del verbale da parte di pubblici funzionari, di ufficiali della GdF o di notai che hanno presenziato alle operazioni (alternativamente, può essere prodotta la dichiarazione sostitutiva di atto notorio nel caso in cui l’ammontare del costo dei beni distrutti non superi il valore di 10.000 euro, valore calcolato facendo riferimento al costo di acquisto o al costo di produzione dei beni e non al loro valore netto contabile). Dal verbale (o dalla dichiarazione) devono risultare data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, nonché natura, qualità, quantità e ammontare complessivo del costo dei beni distrutti;

3) predisposizione del documento di trasporto progressivamente numerato, relativo ai beni eventualmente risultanti dalla distruzione.

Da notare che nell’ipotesi in cui la distruzione sia disposta da un organo della Pubblica Amministrazione, non è dovuta la comunicazione vista in precedenza.

Come chiarito dalla circolare ministeriale n. 193 del 1998, la procedura deve ritenersi applicabile esclusivamente nelle ipotesi in cui la distruzione dei beni aziendali dipenda dalla volontà dell’imprenditore e sia dovuta ad eventi eccezionali (come può per l’appunto essere la cessazione dell’attività). Essa non si applica, invece, nelle ipotesi di distruzioni ricorrenti che non dipendono dalla volontà dell’imprenditore, quali sfridi, cali naturali, alterazioni o superamento del prodotto, per le quali permangono le specifiche procedure – come, ad esempio, lo smaltimento di farmaci scaduti o di prodotti ortofrutticoli non più commercializzabili.

Nell’ipotesi in cui la distruzione dei beni dell’impresa sia stata affidata a soggetti autorizzati ai sensi delle vigenti leggi sullo smaltimento dei rifiuti, la prova della distruzione può essere fornita mediante il formulario di identificazione  (c.d. “formulario rifiuti”).

Laddove, tuttavia, i beni siano consegnati all’impresa autorizzata soltanto a seguito della distruzione, già avvenuta ad opera dell’impresa, ai fini del superamento della presunzione di cessione occorrerà ugualmente seguire la solita procedura, dato che il formulario, in tale ipotesi, è idoneo a documentare soltanto il trasporto dei beni già distrutti.

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